Un film straordinario che elenca, sicuro, pochi ed importanti punti fermi di una filosofia pratica, che nasce dalla vita vera e dall’osservazione della natura, la nostra natura come specie, fatta di istinto di coraggio e necessità di mangiare.
In bilico tra vivere e sopravvivere l’essere umano si dimensiona col suo spazio ed il suo tempo proprio mentre questi divengono ostili. Nell’attimo del tracollo, del massimo sentimento che nasce prossimo alla fine, l’uomo scopre che può trovare tempo per la pietà, il coraggio e l’onore e solo tutto questo può portarlo a piegare il tempo, per amore, di una figlia, della propria vita, della propria sopravvivenza come specie.
Una fotografia sobria e solida dai colori consistenti e per nulla fantasiosi o fantascientifici. L’acqua è spessa, pesante, molto più solida e reale di neve e gelo. I grigi sono positivi, la luce è una lieve lama di crema.
Profondi significati, a volte espliciti, a volte subliminali, significativi di un pensiero serio e concreto posto appena al di là della pellicola.
In questa generazione fortemente caratterizzata dal nulla e dal vuoto di significati, alcuni registi, come Christopher Nolan, trovano spazio per mandare un chiaro messaggio: il nostro secolo, a cavallo tra il XX° ed il XXI°, è il secolo degli sprechi, delle esagerazioni, dove una realtà come la NASA avrebbe senso (o sarebbe per lo meno tollerabile) se avessimo prima risolto problemi fondamentali come la fame, la pulizia delle acque, ma anche la tolleranza, la comunione dei popoli, la coesistenza sul pianeta, delle razze, delle religioni, delle spiritualità e molto altro. La polemica è lunga e pesca la NASA come capro espiatorio di una discussione che potrebbe coinvolgere molteplici realtà del nostro tempo simbolo dello spreco di risorse, denari e perfino di intelligenze) ma sicuramente, prima di andare a scoprire altri mondi da andare a contaminare con la nostra stupidità dovremmo forse concentrarci sul comprendere correttamente come vivere al meglio su questo nostro pianeta nel rispetto di una natura che non ci ha ancora schiacciati solo per una forma di pietà verso i nostri stessi errori, la piccolezza che rappresentiamo, i nostri deliri di grandezza ed onnipotenza.
Il film ci dice che nulla è quello che sembra, che nulla va come avevamo pensato o, peggio ancora, programmato. Ci dice che non ci è dato avere controllo su nulla che non sia il nostro libero arbitrio, sulla nostra stessa volontà. Ed è l’improvvisazione a salvarci, non una matematica che non comprendiamo, non una fisica inadattabile alla nostra vita, non una somma di sterili sillogismi e di sicuro non ci aiutano i segreti che ci costringono a vivere una vita priva di verità.
E’ la circolarità il segreto che fa coincidere inizio con termine (o fine). La circolarità ci dice che non ci è dato di scoprire ma solo di essere curiosi il tanto che basta ad un nuovo gesto d’amore.
Al termine di tutto questo, in questo film come in alcuni altri, il fine ultimo è tornare a casa. Tutto si riduce a terminare un viaggio che ci ha allontanato da casa per portarci alla lucidità per cui ogni cosa si riduce al desiderio di tornare a casa.