In attesa dell’uscita di Bumblebee, il film, si può subito raccontare una piacevole sensazione.
Nel corse dei precedenti film (quattro, cinque?) che sono fin troppo rapidamente divenuti una saga, la domanda era sempre una ed una soltanto: “Ma come mai trasformandosi diventano così irragionevolmente grandi?”. Bumblebee, ad esempio, lo pieghi e lo ripieghi ma non esiste che entri nelle dimensioni di una Camaro. Dove va tutto quel metallo?
E allora si continua con un “Perché? …ma perché?”. La necessità di gonfiare un film di effetti speciali non necessari, la totale assenza di dialoghi, la mancanza di proporzione e la mancanza di una vera crescita della vicenda e nella vicenda, la pochezza della trama e molte altre piccole povertà poste al confronto della fin troppo brillante ricchezza di finzione, quanto può durare? Quanto ancora si potranno pagare ingressi al cinema per scoprire che non c’è una sola scena “reale”? Quanto ancora si potrò sopportare tutta questa finzione nella finzione?
L’esempio più esplicito resta “lo squalo” di Jaws (1975): lo squalo era finto ma spaventava perché quando usciva e rientrava nell’acqua era reale, muoveva vera acqua, gli schizzi erano veri. Il sangue in acqua non era sangue, ma era vero: era un liquido rosso che rispondeva perfettamente alle leggi della fisica. C’era realtà nella finzione.
E così la serie Transformers ha esagerato fin dall’inizio ed il pubblico l’ha subito percepito: per quanto sembrassero reali i movimenti della trasformazioni, quelle lastre di metallo sparivano irragionevolmente ed il cervello è difficile da ingannare.
Ora la sensazione è solo una prima sensazione ma sembra proprio che di questo qualcuno cominci ad accorgersene anche ai piani alti, dove si prendono le decisioni per la produzione cinematografica.
Non ci resta che aspettare per capire se questo è un vero nuovo inizio che gode della comprensione degli errori trascorsi oppure la sensazione che ci ha dato Bumblebee nel suo primo trailer è un’altra … illusione cinematografica.