Nel susseguirsi di mode, scoperte, invenzioni, strategie e filosofie, nel contesto dell’alimentazione siamo a rischio (quasi) in ogni momento e dopo qualunque scelta, di qualunque tipo.
Per anni c’è stato un susseguirsi di ondate di proclami sensazionalistici in merito a quale fosse la dieta migliore, la tendenza migliore, la filosofia migliore per quanto concerne l’alimentazione.
In questi proclami c’erano valide ragioni valide, ma sempre parziali e ad ogni nuova moda, ad ogni nuova tendenza una parziale smentita della precedente ed un nuovo dubbio per la nostra alimentazione.
La dieta delle patate, la macrobiotica, quella a base di soia, quella a base di legumi, quella che proclama l’abolizione del dolce, della carne rossa o dei carboidrati. La confusione fra carne bianca e carne rossa, che il pesce sia grasso o l’abuso di sodio e poi sono arrivati mille tipi di sali, di zuccheri, di varietà di spezie, tutte con un’unica caratteristica comune: sono tutte brutalmente manipolate dai processi industriali.
La confusione si è protratta con la definizione della nostra natura attraverso le filosofie alimentari: ci siamo proclamarci prima onnivori, poi l’assunzione di una coscienza ci ha reso vegetariani, poi siamo stati vegani e poi fruttariani e poi chissà cos’altro seguirà e tenterà di dimostrare la sua superiorità nei confronti di tutte le altre tendenze.
Ma sapevate che i fruttariani mangiano i cereali? o che la dieta vegana impone al mondo della produzione di anacardo, quinoa e soia ritmi che hanno distrutto le economie di mezzo mondo e le vite di milioni di persone?
L’alimentazione è uno di quei contesti che, in realtà, non fa altro che sottolineare la nostra scarsa conoscenza, la poca preparazione e la grande confusione sull’argomento.
Dovrebbe essere uno dei primi a concentrare la nostra attenzione e la nostra particolare dedizione nella conoscenza perché subito dopo il respiro, l’alimentazione è ciò che ci tiene in vita e quindi di fondamentale importanza, non solo per farci sopravvivere ma anche per far sì che si possa essere in buona salute, fisica e mentale.
Non oltre qualche giorno fa (all’inizio di settembre 2018) ho seguito con grande attenzione un nuovo film evento sull’alimentazione, costruito intorno allo specifico problema dell’insorgenza del diabete e del cancro in conseguenza di diete squilibrate e abusi alimentari. Dopo anni di rivelazioni mi rendo conto che tutte hanno un fondo di verità ma che questa verità è sempre incompleta.
L’unica conclusione davvero definitiva a cui riesco a giungere come essere umano che vorrebbe trovare una linea di equilibrio nei principi che muovono le mie scelte alimentari è la seguente:
Mi devo nutrire di un po’ di tutto ma devo anche fare in modo che questo “po’ di tutto” sia quanto più lontano e privo della manipolazione umana.
Usiamo una classica mela come esempio.
A mio avviso è la quantità di processi intorno alla mela che la contaminano, e per questo se la mela è sull’albero e l’albero è abbastanza lontano da un’aria inquinata, un’acqua inquinata e una terra contaminata, e non c’è stato intervento dell’uomo sulla mela o sull’albero, allora è possibile considerare come pulito nutrirsi di quella mela.
Uno dei principi che definisce questa regola è semplicemente che la natura non nuoce a sé stessa e più un processo di crescita della mela è lasciato ad eventi esclusivamente naturali tanto più quella mela è libera dalla possibilità di nuocere.
Forse a questo punto dobbiamo soffermarci per un attimo sulla definizione di nuocere: nuocere all’uomo.
Con il termine nuocere si intende che la mela porti con sé caratteristiche, alterazioni, elementi esterni e/o estranei alla mela stessa, che una volta ingeriti possono provocare effetti negativi al nostro organismo, effetti non legati al rapporto fra una mela ed il nostro corpo ma generati dalla relazione fra mela, il nostro corpo e tutti quegli avvenimenti prodotti dalle azioni dell’uomo che si sono frapposti fra la mela stessa e l’uomo nel momento in cui la mangia: anche lavare la mela con acqua non pura deve essere considerato un processo potenzialmente pericoloso per la mela e per l’uomo.
Siamo ad un punto nel nostro progredire nella crescita della specie in cui abbiamo alterato quasi tutto quello che poteva essere alterato e l’abbiamo fatto arrogandoci un diritto che forse non avevamo.
Il pane si conserva morbido per giorni anche esposto all’effetto dell’aria, il gelato non gela nel freezer, quando aprite una confezione di biscotti per un attimo è possibile sentire l’odore di una sostanza strana presente nel pacco. La frutta marcisce in tempi lunghissimi, il pesce resta fresco più di quanto non si possa immaginare, ogni bevanda che non sia acqua (e forse anche l’acqua) è sottoposta a lunghi ed estenuanti processi chimici, che ne aumentino la possibilità di conservazione, che ne modifichino il gusto, l’odore l’aroma, perfino la densità. Il cioccolato non va a male, il formaggio trasuda oli e quasi nulla di singolare è esattamente quello che è: una volta su una confezione di semplici noci sgusciate ho letto che queste non potevano essere considerate un prodotto per vegetariani per la possibile presenza di tracce di oli e altri semi.
Per 3 anni ho vissuto in Inghilterra e in Germania e nei supermercati di questi paesi ho visto scaffali di peperoni perfettamente uguali, nessuna ammaccatura, nessuna imperfezione, nessuna variazione di colore: peperoni di plastica. Ho visto cetrioli tutti della stessa dimensione e consistenza, dello stesso colore e della stessa identica forma. Poi sono tornato in Italia e sono andato da mio nonno: lui vive in una campagna molto lontana dal primo paese, che a sua volta è molto lontano dalla città. Sono sceso nei suoi campi, prima del torrente sulla destra c’è un fazzoletto di terra dalla forma allungata, su uno dei lati lunghi corre il torrente, sull’altro lato la vigna fa ombra ai pomodori. Mi sono accucciato a terra in un primo pomeriggio di una splendida giornata estiva di sole. Potevo sentire il profumo della terra, il suono ritmico del fiume ed il suo odore. Ho cercato tra i pomodori: ce ne erano di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, da giallo arancio al rosso verde. Piccoli animali ci camminavano sopra, alcuni scavavano nelle piccole ferite. Ho preso il più bello, di mezza misura, ci ho passato una mano sopra come a togliere la polvere e l’ho morso, una goccia è scivolata giù dalla mia bocca sul mento e poi dentro la camicia. Il profumo era devastante, mi sembrava non aver mai mangiato prima un solo pomodoro, mi sembrava che fosse la prima volta che il mio stomaco riceveva cibo. Ho avvicinato il maso a quello che restava del pomodoro dopo il mio morso e odorava di qualcosa che era mille volte il pomodoro che il mio cervello aveva per mesi registrato nella sua memoria.
Non ho potuto di fare a meno di essere convinto, come mai ero stato convinto di null’altro al mondo prima, che milioni di persone sono state allontanate dalla vita per essere ingranaggi di un meccanismo di produzione e consumazione e che mai sapranno che c’è ancora vita a volerla su questo pianeta. Lo pensavo tornando alla strada, recuperando la mia auto, e a poco a poco recuperando il mio cellulare, i miei messaggio, l’aggiornamento di Facebook e in un attimo sono tornato alla vita: “chi se ne importa, ho una scatola di pomodoro nel frigo e la data di scadenza dice 2021. Sono al sicuro.”