Ci sta venendo in mente che questa rubrica di review cinematografiche rischia di sembrare il patibolo sul quale porre, a far pendere dal cappio, tutti i film che rappresentano la morte della settima arte, la morte del cinema.
Ed è per questo che promettiamo che la prossima review sarà un elogio di un capolavoro. Detto questo torniamo al soggetto principale dell’articolo, a preoccuparci del fatto che le ovvietà di cui parleremo, non lo sono poi così tanto se siamo qui a parlarne. Vogliamo dire: se fosse ovvio per tutti, non se ne dovrebbe parlare!
Eppure siamo qui a cercare di aprire gli occhi di un pubblico che non si sia fatto la chiara opinione che 50 sfumature di grigio sia una indubbia porcheria che segna inequivocabilmente uno dei momenti più tristi del cinema moderno.
Non sappiamo nemmeno da che parte iniziare ma poi ci convinciamo che la cosa migliore sia sparare a zero e tirare fuori tutto e subito: gli attori recitano da cani, la trama è di una banalità sconcertante, l’intreccio narrativo non esiste, la fotografia è da telefilm di prima serata. Ci siamo tolti il peso di tutto questo per giungere infine al tema principale di questa odissea di porcherie: il sesso.
Ci teniamo a sottolineare che riassumiamo nella parola sesso, legata a questo film, tutto quello che vorrebbe (o dovrebbe) essere legato a sessualità, perversione, passione, chimica, carica erotica e molto altro che è stato tentato di essere narrato fra le scene poverelle di questo film di serie zeta.
Il film del 2015, 50 sfumature di grigio è un film che ci dice solo una cosa con certezza: la regista Samantha Louise Taylor-Wood, nota come Sam Taylor-Wood, ora Sam Taylor-Johnson non ha la più pallida idea di cosa sia il sesso legato a pratiche sado-masochistiche o per lo meno legato a piccole/medie perversioni. Passione? Zero. Libertinaggio? Niente. Erotismo? Nada. Chimica sessuale? Nisba. Andiamo avanti? No, in realtà ci guardiamo indietro, ci guardiamo intorno e ci chiediamo come sia possibile uno scempio del genere poi ci accorgiamo che c’è qualche numero che ci fa riflettere nella cronologia di questa signora che si identifica come membro del movimento Young British Artists (ma trovati un vero lavoro!).
La nostra Sam, classe del 67 (52 anni) è stata sposata dal 1997 al 2008 con tale Jay Jopling (e chi è? andatevelo a cercare!): sposati nel 1997, lei è del 67, aveva 30 anni, lui è del 1963, aveva 33 anni. Una decina di anni insieme e poi via, ognuno per la sua strada dopodiché… (ora fate attenzione) dopodiché lei, nel 2012, 4 anni dopo il primo matrimonio, alla tenera età di 45 anni sposa tale Aaron Perry Johnson (capito chi è?) meglio noto come Aaron Taylor-Johnson, meglio noto come: Quicksilver, comparso in Captain America: The Winter Soldier (2014) e Avengers: Age of Ultron (2015). Ma quello che ci fa riflettere è che lui, classe 1990 aveva 22 anni al momento del fatidico sì con la nostra Sam di 45 (ho sbagliato qualche matematica?) e 3 anni dopo la nostra artista-regista esce con 50 sfumature di grigio? Devono essere stati 3 anni di giri di giostra inenarrabili per tirar fuori un film che è tanto fasullo quanto freddo e lontano da tutto quello di cui narra il best-seller da cui è stato tratto.
Ma la riflessione è: “Noi non sappiamo lavorare il legno e non abbiamo l’incoscienza di metterci a fare le sedie spacciandoci per falegnami e quindi, a questa qui, chi ha dato le chiavi di un set cinematografico? Su quali basi si mette in mano a una tizia come questa del vil denaro per dirigere un film che parla di cose che questa qui ha, a malapena, solo sentito nominare al telegiornale della sera in una versione censuratissima per un pubblico di famiglie?
E arivia a sottolineare quanto siamo nel bel mezzo di una generazione cinematografica inquinata dal qualunquismo dove non c’è spessore culturale, nemmeno nel contesto del sesso dove sembra che chiunque possa girare armato di una telecamera a riprendere un chiaroscuro di veli di lingerie e proclamarsi regista della sensualità.
Il film è una porcheria.